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Filiazione naturale: l’equiparazione tra figli naturali e figli legittimi

Filiazione naturale: l’equiparazione tra figli naturali e figli legittimi

Con 366 si la Camera, in terza lettura, ha approvato il testo unificato 4054-b contenente “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali” salutato da tutto l’arco parlamentare come normativa necessaria ed indifferibile per rispondere ai profondi mutamenti intervenuti nel tessuto sociale negli utlimi decenni.
La proposta di legge si compone di sei articoli e modifica il codice civile in molte parti tra cui gli articoli: 74, 250, 251, 258, 276 e 315 realizzando la piena equiparazione dei diritti spettanti ai figli nati fuori dal matrimonio con quelli nati nel matrimonio. Vediamo in breve i tratti salienti e su quali aspetti della disciplina in materia di filiazione intervengono le norme approvate dall’aula di Montecitorio dopo che il Senato, nella seduta del 16 maggio 2012, aveva già licenziato il testo. Evidenziamo innanzitutto come sia stata eliminata ogni distinzione nell’uso dei lemmi tra figli naturali e figli legittimi: ogniqualvolta ricorrano nel codice civile le parole “figli naturali” e “figli legittimi” sono sosituite da “figli” e poi come sia stato equiparato lo status giuridico (l’articolo 315 del codice civile è sostituito dal seguente: “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”).
Viene riconosciuta la parentela dei figli naturali con i familiari diversi dai genitore: l’art. 1, inoltre, così stabilisce: “la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo. Il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di età”. L’articolo 1 introduce, infine, i “diritti e i doveri del figlio”, modificando l’articolo 315 del codice civile. Il figlio “ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacita’, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”. Il figlio “ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti” (formula ripresa dalla disciplina dell’affidamento condiviso, cfr. art. 155 c.c., come modificato dalla L. n. 54/2006), e di essere ascoltato, se maggiore di anni 12, in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.
Nel passaggio a Palazzo Madama viene ridisegnata anche la disciplina sui figli incestuosi: il nuovo testo dell’art. 251 (Autorizzazione al riconoscimento) recita: «Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all’infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, può essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. Il riconoscimento di una persona minore di età è autorizzato dal tribunale per i minorenni».

Deleghe al Governo – L’art. 2 della legge delega il Governo ad “adottare entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore” del provvedimento “uno o più decreti legislativi di modifica delle disposizioni vigenti in materia di filiazione e di dichiarazione dello stato di adottabilità, per eliminare ogni discriminazione tra i figli, anche adottivi, nel rispetto dell’articolo 30 della Costituzione”. In questo senso, verrà ridefinita la disciplina “del possesso di stato e della prova della filiazione prevedendo che la filiazione fuori del matrimonio può essere giudizialmente accertata con ogni mezzo idoneo” e l’estensione della “presunzione di paternità del marito rispetto ai figli comunque nati o concepiti durante il matrimonio e ridefinizione della disciplina del disconoscimento di partenità”. Parimenti dovra’ essere adeguata la disciplina delle successioni e delle donazioni al principio di unicita’ dello stato di figlio.

Tribunale dei minorenni e mantenimento dei figli – L’art. 3 interviene sulla competenza del Tribunale per i minorenni modificando l’articolo 38 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni a garanzia dei diritti dei figli agli alimenti e al mantenimento. Questo il nuovo testo dell’art. 38: «Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Per i procedimenti di cui all’articolo 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell’ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’articolo 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario. Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria. Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Fermo restando quanto previsto per le azioni di stato, il tribunale competente provvede in ogni caso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, e i provvedimenti emessi sono immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni». 2. Il giudice, a garanzia dei provvedimenti patrimoniali in materia di alimenti e mantenimento della prole, può imporre al genitore obbligato di prestare idonea garanzia personale o reale, se esiste il pericolo che possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi suddetti. Per assicurare che siano conservate o soddisfatte le ragioni del creditore in ordine all’adempimento degli obblighi di cui al periodo precedente, il giudice può disporre il sequestro dei beni dell’obbligato secondo quanto previsto dall’articolo 8, settimo comma, della legge 1o dicembre 1970, n. 898. Il giudice può ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, di versare le somme dovute direttamente agli aventi diritto, secondo quanto previsto dall’articolo 8, secondo comma e seguenti, della legge 1o dicembre 1970, n. 898. I provvedimenti definitivi costituiscono titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’articolo 2818 del codice civile.

L’art. 4 prevede disposizioni transitorie e il 5 alcune modifiche alle norme regolamentari in materia di stato civile: «Il nome imposto al bambino deve corrispondere al sesso e può essere costituito da un solo nome o da più nomi, anche separati, non superiori a tre. Nel caso siano imposti due o più nomi separati da virgola, negli estratti e nei certificati rilasciati dall’ufficiale dello stato civile e dall’ufficiale di anagrafe deve essere riportato solo il primo dei nomi».

A parere di chi scrive l’approvazione della commentata legge, eliminando ogni residua forma di discriminazione tra figli nati nel matrimonio e nati fuori dal matrimonio, è un principio fondamentale di civiltà.

Di seguito la circolare esplicativa del Ministero dell’Interno sugli effetti in materia di stato civile della commentata L. 219/2012, in vigore dal 10 gennaio 2013.

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