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Interdizione, inabilitazione ed amministrazione di sostegno: principi

Interdizione, inabilitazione ed amministrazione di sostegno: principi

Le persone maggiorenni che per malattia o per altri motivi si trovano in condizioni permanenti di infermità di mente non sono capaci di provvedere ai propri interessi.
Per tali soggetti la legge prevede il procedimento di interdizione e la nomina di un tutore che provvede alla cura degli interessi dell’interdetto sostituendosi a questo, rappresentandolo. L’incapacità deve essere valutata in base alla condizione sociale dell’interdicendo, alla natura ed all’entità degli interessi affidati alla sua disponibilità.

 

Se lo stato mentale non è talmente grave da far luogo all’interdizione, pur essendo comunque abituale ed attuale, è prevista l’inabilitazione. Tale procedura può essere applicata anche a coloro che per prodigalità o per abuso abituale di alcoolici o di stupefacenti, espongono sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici, anche potenziali se comprovati da elementi come frivolezza, ostentazione e tendenza allo sperpero.
L’abuso di alcool e di stupefacenti deve aver alterato la sfera psico-volitiva del soggetto.
Il curatore, che viene nominato affinché il soggetto possa compiere validamente gli atti di straordinaria amministrazione (vendita di un immobile, stipula di un mutuo etc.), non rappresenta né sostituisce l’inabilitato, ma lo assiste. Per il compimento di alcuni atti il curatore deve essere autorizzato dal giudice tutelare.

 

L’amministrazione di sostegno è un istituto al quale può ricorrere chi si trova nell’incapacità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, per effetto di una menomazione fisica o psichica.

Si attiva mediante ricorso al giudice tutelare del luogo in cui ha la residenza il soggetto beneficiario su istanza:

  • dello stesso beneficiario
  • del coniuge
  • della persona stabilmente convivente
  • dei parenti entro il quarto grado
  • degli affini entro il secondo grado
  • del tutore o curatore ovvero del PM.

Il giudice tutelare entro 60 giorni dalla richiesta, con decreto motivato immediatamente esecutivo, designa l’amministratore di sostegno e definisce l’oggetto del suo incarico.
L’amministratore di sostegno, in previsione della propria eventuale futura incapacità, può essere designato (ma anche revocato) mediante atto pubblico (vincolante per il giudice tutelare, il quale solo ove ricorrano gravi motivi può disattenderlo) o scrittura privata autenticata.
È anche possibile designare, mediante testamento, un determinato soggetto amministratore di sostegno del proprio figlio.

L’istituto consente all’amministratore di sostegno di assistere o rappresentare l’incapace nel compimento dei soli atti indicati nel decreto di nomina del giudice tutelare che quest’ultimo non sia in grado di compiere, pena l’annullabilità degli stessi.
L’incapace conserva la capacità di agire e di compiere gli atti necessari al soddisfacimento delle esigenze ordinarie della propria vita quotidiana ed in ogni caso conserva la capacità di:

  • fare testamento, purché capace di intendere e di volere al momento della redazione;
  • sposarsi;
  • riconoscere i propri figli.

 

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