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Tribunale di Catania e sospensione della retribuzione: alla Consulta

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  • marzo 18, 2022

Tribunale di Catania e sospensione della retribuzione: alla Consulta

Con ordinanza del 14 marzo 2022 il Tribunale di Catania, sez. Lavoro, ha sospeso un giudizio alla sua cognizione per rimettere alla Corte Costituzionale la questione della sospensione dal lavoro (che non costituisce illecito disciplinare), a causa del mancato adempimento dell’obbligo “vaccinale” e dalla retribuzione per due infermiere, dipendenti di un’azienda ospedaliera.
La violazione degli artt. 2, 3 e 32 co. 2 della Cost., anche ai Giudici siciliani, è sembrata plausibile in relazione al mancato riconoscimento dell’assegno alimentare (che non ha natura retributiva ma il solo scopo di garantire al lavoratore il sostentamento minimo) che le stesse dipendenti avevano richiesto, vanamente, al datore di lavoro, nonostante avessero provato di versare in stato di indigenza e di non riuscire a fare fronte ai bisogni primari della famiglia senza retribuzione.
Il Tribunale adito, ritenendo ciò una lesione della dignità dell’uomo, ponendolo in una condizione deteriore rispetto a chi tiene condotte rilevanti dal punto disciplinare (a cui comunque per legge spetta almeno la metà dello stipendio e gli assegni per i familiari a carico) e discriminatorio rispetto a chi, appunto, può usufruire di un assegno alimentare per illecito disciplinare, ha quindi rimesso la questione alla Corte Costituzionale.

Per i giudici siciliani, quindi, considerato che occorre risolvere il dubbio di legittimità relativo all’art. 4, comma 5, D.L 1 aprile 2021 n. 44, convertito con modificazioni nella legge n. 76/2021, nella parte in cui, nel prevedere che «per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato» esclude l’erogazione dell’assegno alimentare in caso di sospensione cautelare o disciplinare, la questione di costituzionalità va rimessa alla Corte Costituzionale visto che:
1. l’art. 2 Cost. sancisce il rispetto della persona e ciò non permette di prendere misure tali da ledere la dignità della stessa, come, nel caso, la preclusione di
una forma di sostentamento;
2. anche chi sconta la propria pena in modalità alternativa al carcere non può essere privato di misure base come la pensione sociale, quella per gli invalidi civili, la disoccupazione e l’assegno sociale;
3. la scelta di non farsi inoculare un “vaccino” sperimentale non integra gli estremi di un illecito penale e non è rilevante dal punto di vista disciplinare;
4. il lavoratore sospeso per il motivo sub 3 non può accedere agli istituti previsti, invece, nei diversi casi in cui perda il lavoro (cf. sub 2);
5. la sospensione dall’albo o dal proprio ordine di appartenenza inibisce lo svolgimento della professione alle dipendenze di un altro datore, tra l’altro per un periodo molto lungo, vale a dire fino al 15 giugno 2022.

Nell’ordinanza, il Tribunale sottolinea lo scompenso tra i diritti costituzionali, primo la dignità delle persone e poi il diritto al lavoro, cui ha portato l’introduzione dell’obbligo vaccinale al fine di tutelare la salute pubblica.
Circostanza, questa, che nei fatti è ampiamente e scientificamente dimostrata non essere veritiera visto che con la “vaccinazione” non si interrompe la catena dell’infezione: vaccinati e non si sono contagiati e si stanno contagiando nello stesso modo.
Sono molti i pareri medici, anche di quei virologi che durante l’esplosione della c.d. “pandemia” avevano idee ben diverse, ad affermare che l’aver fatto affidamento su un “vaccino” che vaccino non è, che ha una scarsa durata di protezione e che, anzi, sembra oggi essere la causa stessa della contagiosità, perché abbatte le difese immunitarie dell’individuo, è stato un abbaglio e che oggettivamente l’impatto del vaccino come misura di sanità pubblica è nullo.
Orbene, come tutte queste evidenze, oramai sotto gli occhi di tutti, siano compatibili con l’obbligo di vaccinarsi per poter lavorare, rimane oggettivamente un mistero. Il vaccino non impedisce il contagio e questo dovrebbe essere più che sufficiente per far capire definitivamente a tutti che non vi è nulla di sanitario alla base del Green pass base e/o di quello “rafforzato”.

L’introduzione di sempre più stringenti restrizioni e limitazioni nell’esercizio delle libertà e dei diritti fondamentali, fino ad arrivare ad incidere sul diritto al lavoro e ad un’equa retribuzione, con violazione dell’art. 36 Cost., il quale riconosce al lavoratore il diritto ad una retribuzione in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla propria famiglia una esistenza libera e dignitosa, in caso di mancato adempimento all’obbligo vaccinale, mette il lavoratore di fronte alla scelta se vaccinarsi o subire condizioni di indigenza.
E questa scelta non può non porre dubbi di costituzionalità anche rispetto all’art. 2 della Cost., il quale sancisce che qualsiasi trattamento, anche obbligatorio, non può risultare lesivo delle dignità della persona.

Pertanto, il Tribunale di Catania «ritenuta la questione rilevante, per le argomentazioni indicate in parte motiva;
SOSPENDE il giudizio e dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;
ORDINA che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza venga notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica»
.

Di seguito l’ordinanza in commento

Download (PDF, 445KB)

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